HONG KONG: i Bric a caccia di capitale umano

Da Filippo Ispirato

In Europa si discute in questi giorni di soluzioni e via d’uscita alla crisi che la attanaglia; il dilemma principale è se prediligere il rigore, tanto caro alla Germania e richiesto da vari organismi sovranazionali che prevede tagli alla spesa pubblica e aumento delle tasse, o dare impulso alla crescita per imprimere una spinta maggiore all’occupazione, soprattutto qualificata e favorire i consumi. Mentre l’Europa è presa dai suoi problemi e dai suoi contrasti e divisioni interne, i cosiddetti paesi “emergenti”, che in realtà sono già emersi da diverso tempo, stanno approfittando delle nostre debolezze per acquistare a prezzo di saldo i nostri migliori e giovani talenti. E’ di pochi giorni fa la notizia che in Cina, ad Hong Kong precisamente, sono state messe a disposizione dall’Organo Consultivo del Governo di Hong Kong (l’Hong Kong Research Grants Council), ben 135 borse di studio per l’anno accademico 2013/14, destinate a studenti laureandi e laureati stranieri. Queste borse di studio serviranno a coprire interamente i costi di frequenza di un dottorato di ricerca triennale presso alcune università cinesi; a questo poi va aggiunta l’erogazione di un sussidio mensile di 2.000 Euro (una cifra di tutto rispetto se paragonati agli assegni di ricerca negli atenei italiani) e la copertura per intero dei costi legati a viaggi per partecipazioni a conferenze, convegni e ricerche. La selezione è aperta fino al 1 Dicembre di quest’anno, si può proporre la propria candidatura all’indirizzo web http://www.esteri.it/MAE/opportunita/di_studio/Elenco_Istituzioni_Offerenti/2012/Hong_Kong_RCG.pdf o mandare una mail per avere maggiori informazioni al seguente indirizzo HKPF@ugc.edu.hk Dall’altra parte del mondo, in Brasile, nell’estate scorsa è stato facilitato l’iter per l’ingresso di stranieri; in particolare è stata incentivata l’immigrazione culturale di giovani laureati e professionisti nei settori tecnico, tecnologico, scientifico ed economico per colmare il gap esistente tra il gigante sudamericano e le nazioni del cosiddetto “primo mondo”, attualmente in affanno. Molti portoghesi, favoriti dalla lingua, e spagnoli non se lo sono fatti dire due volte, e già nello scorso anno il numero di immigrati in Brasile è quasi raddoppiato, e si prevede un trend in crescita anche per l’anno in corso. Lo stesso sta facendo Dubai, la tigre araba, che sta investendo molto in ricerca e sviluppo e arruola sempre più accademici dalle università europee.  In periodi economicamente difficili, in cui c’è bisogno di manovre restrittive per sanare i bilanci pubblici l’errore che si commette facilmente è quello dei tagli indiscriminati: senza crescita si può diventare però facile preda di altre nazioni più forti che potrebbero acquisire nuove posizioni di vantaggio nei nostri confronti. E’ ovvio che vanno tagliati gli sprechi e favorita la crescita, ma lo cosa più importante da fare per i nostri governi è quella di muoversi con urgenza ed in maniera tempestiva in quanto il processo di avanzamento di Cina, India, Brasile o Dubai è molto più veloce e dinamico di quanto si possa pensare.  Soluzioni? A mio parere, quello di diluire nel tempo i risanamenti richiesti o imposti dall’alto e puntare alla crescita con quelle che sono ancora le nostre potenzialità inespresse e le peculiarità che ancora non imitabili ed apprezzate in tutto il mondo.  In questo l’Italia ha ancora molto da insegnare, nel campo del design, della moda, dell’agroalimentare e della ricerca, ad esempio, e deve puntare su questi aspetti per continuare ad avere un ruolo importante nello scacchiere internazionale. Opportunità di crescita ce ne sono diverse soprattutto nei paesi che avvertiamo come minaccia; Cina e India apprezzano il made in Italy e potrebbero diventare sempre più un mercato di sbocco fondamentale per le nostre produzioni di qualità, alimentando quel circolo virtuoso di crescita che ci permetterebbe anche di risanare nel tempo il nostro debito pubblico.

 

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