Michele Albanese: cittadino onorario

Aldo Bianchini

SANT’ARSENIO – Mancavano pochi minuti al conferimento ufficiale della cittadinanza onoraria quando, mentre lo osservavo attentamente, l’ho visto tirar fuori dalla tasca della giacca il fazzoletto ed asciugarsi qualche lacrima. Un momento delicatissimo che, forse, non è stato notato da molti ed è passato quasi inosservato perché tutti gli sguardi erano puntati sul tavolo della presidenza e specificamente sul sindaco Nicola Pica che stava apprestandosi a chiamare il cittadino onorario. Mi sono commosso anche io della commozione di Michele Albanese, al punto che non sono riuscito a sentire il lungo applauso che ha accompagnato la consegna della pergamena, al punto di essere ripreso (anche se solo con lo sguardo !!) da una signora seduta poco distante per il fatto che non  stavo applaudendo. Un siparietto molto umano da un lato e molto banale dall’altro. Ha vissuto così, tra emozione, commozione e felicità, uno dei momenti più belli della sua vita il direttore generale della BCC Monte Pruno di Roscigno e Laurino. Il sindaco di Sant’Arsenio e tutto il consiglio comunale, riunito per l’occasione nello splendido anfiteatro dell’istituto tecnico commerciale “Sacco”, hanno forse dato una chiave riduttiva al conferimento della “cittadinanza onoraria” puntando i loro commenti quasi tutti sulla Banca, sulla mega direzione generale, sui giovani ai quali è stata assicurata una professione, alle piccole e medie imprese assistite quotidianamente, ai rapporti quasi amichevoli e costruttivi intrattenuti con la cittadinanza e con  il territorio. Queste cose, a ben vedere, le fanno anche gli altri direttori generali delle altre due BCC operanti sul territorio del Vallo di Diano; e allora in che cosa si distingue Michele Albanese al punto di meritare la cittadinanza onoraria che gli altri non hanno avuto? A mio sommesso avviso Michele Albanese ha “un valore aggiunto” che è difficilmente quantificabile e riportabile su carta; Michele ha un aplomb particolare, un modo di rapportarsi con il prossimo (qualunque esso sia !!) molto alla mano, quasi con umiltà, quasi come se fosse lui nella condizione di dover dare e non di pretendere, e soprattutto riesce a nascondere bene, sotto il velo della schietta cordialità, i tratti duri del manager che non gli mancano. Si pone verso il prossimo quasi come se tutto quello che è stato capace di creare e di far crescere sia stato più un dono divino casuale e non il frutto della sua enorme professionalità e della sua  grande capacità manageriale. L’ho osservato a lungo quando si è alzato dal suo posto in prima fila, il primo gesto è stato quello di depositare nella mani della moglie il suo giaccone, come a dire che senza di lei, senza la sua sicurezza e pazienza quasi materna e senza la sua famiglia non sarebbe stato capace di andare da nessuna parte. Un gesto semplice che presuppone, però, una grande intimità ed anche una grossa complicità familiare; elementi che non devono mai mancare in un uomo pubblico.  Poi con passo felpato, quasi come se non volesse essere notato dalla folla che gremiva gli spalti dell’anfiteatro, si è avvicinato al tavolo della presidenza dove lo aspettava il sindaco; infine ha tirato un lungo respiro, ha spinto all’indietro la commozione che lo stava travolgendo ed ha preso la parola dopo essersi pacatamente seduto per vincere gli ultimi sussulti emotivi. Mentre parlava ho pensato che  in quel momento dietro quel tavolo non c’era il direttore generale di una banca in progress, non c’era il banchiere che deve fare gli interessi del proprio istituto, non c’era il manager che deve guardare alla banca, al territorio ed ai giovani passando per le imprese; dietro quel tavolo c’era un uomo, un uomo vero con tutti i pregi e  i difetti degli uomini veri, ma vero nel senso più positivo del termine. Leggeva e, forse, pensava a quando andava a scuola a Sant’Arsenio, ai primi approcci “familiari” con il mondo delle banche, agli iniziali incarichi di fiducia, allo zio che tanto aveva creduto in lui, agli amici che ha perso per strada ed a quelli che ha trovato o ritrovato, ai politici che hanno cercato di abbindolarlo con false promesse ed a quelli (come Donato Pica) che, invece, lo hanno sostenuto ed accompagnato senza scopi reconditi o secondi fini. Una folla di pensieri che Michele Albanese ha saputo contenere e comprimere nel suo cervello mentre dalla sua bocca usciva la bella frase <<finalmente sono cittadino di Sant’Arsenio>> che non è stata una frase preparata per l’occasione; Michele sente veramente tutto quello che pensa e che dice, questo è certamente un suo pregio che lo distingue dagli altri, da tanti altri. La cittadinanza onoraria è un’occasione molto importante, è un’onorificenza che si concede anche o semplicemente per come un uomo è fatto, e Michele ha tutte le sembianze dell’uomo vero. Auguri, anzi: ad maiora.

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