Gambino/89: le alchimie della procedura … tra requisitoria e arringhe !!

Aldo Bianchini

PAGANI – Da sempre, storicamente, la giustizia è rappresentata da una bilancia con i piatti perfettamente equilibrati. Segno che la giustizia è, non solo, uguale per tutti ma anche decisamente equilibrata. Nel mezzo c’è, però, la cosiddetta procedura e tutte le alchimie ad essa connesse. Alchimie che, in verità, nel corso della storia sono cambiate, si sono inasprite, si sono alleggerite, si sono consolidate o sciolte come neve al sole. Non a caso un vecchio proverbio richiama tutti, proprio tutti, alla realtà nuda e cruda del “ladro di polli” che va in galera e ci resta,  ovvero di un “assassino” che va in galera ma non ci resta, in virtù delle strane e sconcertanti alchimie, appunto. Le alchimie, comunque, fanno parte delle cosiddette “strategie processuali” che nella maggior parte dei casi occorrono per il raggiungimento della “verità processuale” che quasi mai combacia con la verità effettiva. Di verità, in effetti, ce ne sono sempre almeno tre: quella processuale, quella che conosce solo l’interessato e quella vera che finisce per essere dimenticata anche dallo stesso imputato che in una sorta di “training autogeno” si autoconvince di certe “condizioni di verità”. Ha fatto benissimo il pm Vincenzo Montemurro a premettere che lui è il “portatore sereno” della verità processuale; questo dovrebbe tranquillizzare tutti gli interessati nell’ambito del processo “Linea d’ombra” a carico di Gambino ed altri per il famigerato “Sistema Pagani”. Accade, però, che gli imputati non sono e non si sentono sereni, neppure dopo la dichiarazione, per certi versi anche umana, resa dal pubblico ministero nel corso della sua requisitoria. Non si sentono sereni perché probabilmente non percepiscono nel migliore dei modi i vari passaggi delle cosiddette “alchimie procedurali” e, quindi, non possono comprendere perché un pubblico ministero che chiede l’assoluzione (con la vecchia formula dell’insufficienza di prove) di uno o più imputati  non chiede, però, la loro scarcerazione pur essendosi pronunciato favorevolmente un paio di mesi prima della requisitoria; non possono comprendere la mancata richiesta di scarcerazione da parte dei difensori degli imputati per i quali lo stesso PM ha chiesto l’assoluzione. Hanno tutti fiducia nella bilancia della giustizia ? Non lo so. E’ difficile rispondere; l’unica risposta sta nelle alchimie procedurali e nella convenienza processuale di alcune richieste, se non vogliamo appellarci al cosiddetto “coraggio di chiedere” che dovrebbe prevalere sulla “responsabilità di tacere” dinnanzi alla sovranità della Corte. Prima di andare avanti è assolutamente necessario chiarire che le richieste del PM, così come quelle che andrà a formulare la difesa dopo le arringhe, sono e restano semplici richieste che non smuovono di una virgola la posizione di ogni singolo imputato. Il collegio giudicante potrà, difatti, modificare in meglio o in peggio sia le richieste della pubblica accusa che quelle della difesa per arrivare alla sentenza di primo grado. Ci sono tanti perché a cui non è facile fornire risposte credibili. Valentino e Gianluca, due lettori di questo giornale, ne hanno posti tantissimi di perché e mi sento davvero impotente al pensiero che non sono in  grado di dare risposte concrete e rassicuranti. Una domanda di Valentino mi ha colpito particolarmente: <<Perchè un cittadino malato continua a rimanere in carcere?>>; perché, caro Valentino, anche in questo caso prevalgono le “alchimie della procedura”, purtroppo; e lo dico con grande tristezza perché conosco quel cittadino ammalato e sono sicuro della sua innocenza. Vorrei solo rassicurarli, per quanto possibile, che il PM non dimentica niente (neppure le manipolazioni delle registrazioni o i fallimenti ante 2000 !!) e recita soltanto una delle parti in campo che è quella della pubblica accusa. La stessa cosa dovranno fare gli imponenti collegi difensivi, e dovranno farlo con passione e professionalità anche perché è l’ultima occasione che hanno per dimostrare tutta la loro capacità, al di là dei memoriali che non hanno mai prodotto grandi risultati. La giustizia è fredda, senza un’anima, non si commuove e non si inasprisce, guai se fosse il contrario; quelli che la manipolano e la applicano tutti i giorni (magistrati, avvocati, testimoni e imputati) hanno tutti un’anima ed una sensibilità ma sono proiettati verso le “alchimie procedurali” e, spesso, dimenticano anche le sue regole più elementari. Del resto questo processo qualcosa di assolutamente strano ce l’ha; credo che una custodia preventiva (anche se ai domiciliari) così lunga non sia riscontrabile da nessuna parte, neppure nei veri processi di mafia; qui, invece, ci troviamo di fronte ad un processo quantomeno di “mafiosi fessi” (come dice Nicola Cosentino) per non dire di “vittime predestinate” che si fanno incastrare da “pentiti di mafia” (come dice Edmondo Cirielli) nell’ambito di un “castello accusatorio” che, seppur legittimo, sembra più artificioso ed artificiale che concreto e sicuramente proiettato verso un “processo politico”. Nell’attesa delle arringhe difensive e delle altre inevitabili alchimie procedurali una cosa va messa in risalto. Parlare di giustizia, anche in termini parafilosofici, è facile per chi non vive il caso e non è direttamente coinvolto (come chi scrive, ad esempio !!), altra cosa è per chi questi momenti li vive sulla propria pelle ed anche da lungo tempo; certi concetti, come quello delle alchimie procedurali, difficilmente potranno essere compresi e digeriti. Per le “idi di marzo” tutto dovrebbe essere concluso, poi si vedrà.

2 thoughts on “Gambino/89: le alchimie della procedura … tra requisitoria e arringhe !!

  1. Caro direttore,il concetto di alchimia processuale,o ancora meglio il concetto di esigenza cautelare rappresenta a mio vedere la fragilità del nostro sistema penale.Voi fate bene a parlare di gioco delle parti,gli avvocati difendono i loro assistiti,gli imputati possono nascondere delle verità,ma è sul ruolo del Pm che entriamo in disaccordo.Se da un lato è pur vero che il pubblico ministero rappresenta l’accusa,bisogna ricordarsi che amministra la giustizia nel nome del popolo italiano,e quindi mi sarei aspettato che dinanzi ad un’intercettazione manipolata dal suo testimone,anziché utilizzarla come prova contro gli imputati,avrebbe potuto utilizzarla per inquisire il signor Panico(autore della manipolazione).Invece no,si soprassiede dinanzi a tali gravità e si fa finta di nulla,è il gioco delle parti,è la giustizia che così funziona,è l’alchimia processuale.Caro direttore a volte nella vita bisogna avere il coraggio o ancora meglio l’umiltà di chiudere scusa a persone che per un anno sono state definite camorriste e poi miracolosamente diventano innocenti.Sinceramente il gioco delle parti non è un gioco corretto.

    1. ….per me con una intercettazione palesemente manipolata il processo o meglio il testimone Panico doveva essere sbattuto in galera.MA NON PER IL CASO SPECIFICO DI GAMBINO MA PERCHE’ HA DISONORATO TUTTI QUEI ONESTI COMMERCIANTI SICILIANI CHE SONO VESSATI DALLE ESTORSIONI.VOI IMMAGGINATE LIBERO GRASSI CHE NON PAGA IL PIZZO CHE REGISTRA LE RICHIESTE DI ESTORSIONE MA POI LE MODIFICA A SUO PIACIMENTO??????INCARCERATE PANICO ONORATE LA MEMORIA DI LIBERO GRASSO VERO EROE SICILIANO VESSATO DALLA MAFIA.

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