L’importanza di investire in culture, sanità ed istruzione anche in tempi di crisi

Filippo Ispirato

In periodi di forte crisi economica si rendono necessari una serie di interventi sulla spesa pubblica e di tagli per far quadrare i bilanci dello Stato. Tagli che spesso vanno a colpire l’educazione, la sanità, la spesa in ricerca scientifica, in quanto sono voci che nell’immediato generano spese e non sempre hanno dei ritorni immediati. A questa tendenza non si sottraggono né l’Italia, con tutta l’Eurozona, né gli Stati Uniti, il cui presidente Barack Obama è stato costretto, negli ultimi mesi, a dover sanare i bilanci dello Stato con un drastico ridimensionamento della spesa ed il rischio di dover ricorrere al famigerato fiscal cliff (il precipizio fiscale), ovvero il mix di innalzamento della tassazione e diminuzione della spesa pubblica. Ridurre i costi attraverso tagli a settori “poco profittevoli” come sanità, educazione, servizi sociali e ricerca, può sembrare spesso la scelta migliore per ridurre il debito pubblico di una nazione, in quanto libera immediatamente molta liquidità da poter utilizzare per sanare i buchi di bilancio venutisi a creare nel tempo. Un’operazione tattica, più che strategica, che ripaga solo nel breve periodo, e che per molti dirigenti della classe politica, che devono trovare soluzioni efficaci in breve tempo per il proprio elettorato, spesso rappresenta la soluzione relativamente più semplice da applicare. Questa soluzione rappresenta un grande errore per l’economia e lo sviluppo sociale di una nazione in quanto gli effetti benefici e le esternalità positive, come si definiscono in gergo tecnico, che si vengono a creare con investimenti in ricerca, sviluppo, sanità ed istruzione, producono i loro effetti nel lungo periodo e sono fondamentali per il benessere ed il progresso continuo di una comunità e di uno Stato.Prendiamo ad esempio gli investimenti in sanità: investire in prevenzione e in ricerca medica servirà a creare nel corso degli anni un circolo virtuoso, in quanto più ricerca significa migliori condizioni di vita, quindi minori malattie nel corso della vita e meno spesa sanitaria per le cure. Con minori spese sanitarie per la cura dei cittadini si libereranno maggiori risorse per la ricerca che serviranno a  migliorare sempre di più le condizioni generali di vita.Lo stesso ragionamento delle esternalità positive e dei circoli virtuosi generati nel campo della salute può essere applicato anche a campi quali la ricerca universitaria o la scuola e l’istruzione, in quanto con popolazione più istruita il sistema economico, politico e sociale cresce maggiormente. Consiglio, a questo riguardo, di leggere quanto scritto sull’importanza del capitale umano da parte di un premio Nobel americano, James Heckman, professore all’università di Chicago, il quale ha dimostrato che il ritorno di un dollaro investito nella formazione ed istruzione su individui da 1 a 5 anni di vita è sensibilmente maggiore dello stesso dollaro investito in altri settori. I veri tagli, quindi, vanno fatti sugli sprechi, non sul futuro di un popolo!

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