FAIANO: una tragedia lunga ventuno anni

Aldo Bianchini

FAIANO – Poco dopo le ore 19.00 del 12 febbraio 1992, i due carabinieri Fortunato Arena e Claudio Pezzuto fermano l’autovettura fuoristrada sulla quale viaggiano ufficialmente “due persone” alle quali vengono ritualmente richiesti in esibizione i documenti anagrafici. Tutto sembra tranquillo ed il controllo, puramente formale prosegue. Claudio Pezzuto scende dall’auto, si avvicina ignaro al fuoristrada e chiede i documenti. Carmine D’Alessio scende dall’auto e si allontana. Ad un tratto lo sguardo di Pezzuto incrocia quello di De Feo, gli sguardi si incrociano.  Forse viene riconosciuto chi non può e non deve essere identificato? Carmine De Feo non ci pensa neppure un attimo. Imbraccia una mitraglietta israeliana. Fulminea la sparatoria, senza pietà, orribile la strage. Un uomo viene avvistato mentre concitatamente parla da un posto telefonico fisso, a poche decine di metri dal luogo della strage: è la conferma dell’orribile eccidio o l’avvertimento per una strage non pianificata nelle strategie dei vertici malavitosi? Impossibile avere risposte perché il presunto possibile basista telefonico viene letteralmente ingoiato dal buio della sera e dal nulla. Qualcuno, in seguito, dirà che quell’uomo era Carmine D’Alessio, circostanza questa mai realmente provata. E’ provato, invece, il fatto che Carmine D’Alessio, uditi gli spari, corre verso l’autovettura dei carabinieri e fa fuoco su Fortunato Arena che risponde al fuoco mentre tenta di scendere dall’auto, soccombe inesorabilmente. La pistola di D’Alessio appartiene al carabiniere Elia Sansone che poche ore prima è stato rapinato nella Piana del Sele.  Il conducente e proprietario del fuoristrada, tale Antonio Massimo Cavallaro smentisce sempre decisamente ogni illazione sull’esistenza dell’eventuale basista sostenendo la tesi del sequestro a suo carico, viene fermato e subito rilasciato. I due malviventi De Feo e D’Alessio svaniscono quasi nel nulla.  Almeno fino al 14 luglio 1992:  “”Si erano rifugiati in un appartamentino lontani da occhi e orecchie indiscreti. L’avevano preso in affitto grazie alla complicità di un imprenditore amico, cercando così di mescolarsi ai turisti e agli studenti della vicina università di Fisciano, che solitamente affollano Calvanico, un paesino del salernitano abbarbicato ai Monti Picentini. Ma all’ alba del 14 luglio 1992 furono stanati dai Gis, i Gruppi di intervento speciale dei carabinieri, spediti direttamente dal Comando generale. Dopo cinque mesi finisce la caccia all’ uomo. Carmine De Feo, 30 anni e Carmine D’ Alessio, 27, gli assassini dei due carabinieri di Faiano, furono sorpresi nel sonno. Confermano la fama di irriducibili, pronti a tutto. Reagiscono, cominciano a sparare e pretendeno di incontrare un magistrato. Barricati in una stanza, si consegnato al giudice e ai carabinieri dopo circa un’ ora. “Ha vinto la legalità’ “E’ stata la vittoria della legalità, va sottolineato il sangue freddo dei militari che non hanno voluto una prova di forza che avrebbe potuto concludersi con un bagno di sangue”, dice a metà mattinata, in una conferenza stampa, il sostituto procuratore Alfredo Greco che si era precipitato a Calvanico e che ha coordinato le indagini, fino alla cattura dei due latitanti””.  Sul piano squisitamente giornalistico ebbi modo di vivere quell’episodio in maniera alquanto strana. Ero a cena, con la famiglia, in casa del compianto prof. Gioacchino Glielmi di Eboli; una serata normale incominciata intorno alle 18.30. Non c’erano i telefonini, almeno non erano così diffusi. All’epoca ero direttore di TV Oggi e dalla redazione, la collega Emanuela Anfuso mi raggiunse con una telefonata in casa Glielmi. Lo sbigottimento fu generale. Il tempo di raccogliere le idee e subito il passaggio all’azione, Con me fortunatamente c’era il mio collega tecnico Mario Lo Bianco con tanto di telecamera. Salutammo il nostro ospite e via verso Faiano. All’incrocio in uscita da Eboli c’era già il blocco stradale, rapida la nostra identificazione e via verso la località dell’agguato dove Mario riuscì a registrare alcune immagini indelebili dell’auto dei due sfortunati carabinieri ed anche della pistola utilizzata dagli assassini. Il processo di primo grado è velocissimo, inizia la mattina del 1° ottobre 1992 e si conclude la sera del 9 ottobre 1992, durissima ma attesa la sentenza: ergastolo per entrambi gli assassini. La legge, almeno quella degli uomini, vince. I due imputati non battono ciglio, neppure una smorfia sui loro volti, accettano misteriosamente ed in silenzio la condanna che viene confermata in tutti i gradi di giudizio. Come molti altri assassini prima di lui, anche per Carmine D’Alessio arriva in carcere il momento della poesia che sembra mettere in evidenza l’esistenza di un’anima e di una coscienza. Nel carcere scrive “Passato” una poesia di pochi versi che per dovere di cronaca riportiamo qui di seguito: “”Passato Passato sofferente, Ed a volte violento. Passato pesante come una catena Che imprigiona il corpo e la mente Passato da ricordare Per ricominciare Perdonare e farsi perdonare””.  La vita non gli darà, però, la possibilità di ricordare, di ricominciare, di perdonare e di farsi perdonare. Un tumore lo aggredisce e lo spedisce al creatore la mattina del 24 giugno 2008. Sono passati ventuno anni da quell’orribile strage e l’Arma, ovviamente, non dimentica i suoi eroi. Le famiglie ancora oggi sono tristemente travolte dal dolore anche perché a distanza di tanti anni non hanno ancora avuto una spiegazione logica sul perché di quella strage. Al di là delle condanne e della verità processuale. C’è una sola certezza, quel giorno, quel maledetto 12 febbraio 1992, su un anonimo marciapiede di Faiano cessò la vita dei due eroi Fortunato Arena e Claudio Pezzuto per mano di due ignobili delinquenti fino a quel momento quasi sconosciuti:  Carmine il mancino e Carmine il tossico.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *