Avevamo la luna: L’Italia del miracolo sfiorato, vista cinquant’anni dopo

 

Aldo Bianchini 

CAVA de’ TIRRENI – Un parterre d’eccezione con l’ex ministro della giustizia Claudio Martelli, attorniato da Enzo Bove, Antonio Bottiglieri e il moderatore Alfonso Caiazzo (davvero molto in gamba), e poi lui, l’autore di “Avevamo la luna”, Michele Mezza, giornalista Rai, forse un po’ troppo convinto delle sue stesse convinzioni, ma sicuramente un grosso giornalista-scrittore come è difficile trovarne in giro. In platea anche un altro ex ministro, Carmelo Conte e tantissime autorità cittadine di Cava de’ Tirreni, compreso l’ex sindaco Luigi Gravagnuolo. L’opera di Michele mezza, perché di opera si tratta, potrebbe essere sintetizzata con una sua stessa frase: <<Quando istituzioni e partiti, soprattutto a sinistra, ignorarono il prototipo di un altro tsunami che ci avrebbe sconvolto: l’informatizzazione delle relazioni produttive e sociali. Un fenomeno americano che proprio in Italia ha avuto il suo battesimo>>. Per meglio capire il vero filo conduttore del libro-romanzo verità di Mezza potrei anche azzardare un’altra sinterizzazione: “L’autore mette molto bene in luce come da sempre, in questo Paese, sia prevalsa l’azione dei conservatori rispetto a quella dei riformatori”. Tutta qui la lenta, lunghissima agonia del Paese e di una civiltà che ha impartito, ed in parte ancora lo fa, lezioni a tutto il mondo. Se si fa un passo indietro rispetto ai quaranta mesi (dal 1962 al 1964) di Mezza si capisce che già nel 1953 Giuseppe Ungaretti aveva previsto la “grane rivoluzione tecnologica” scrivendo delle calcolatrici elettroniche sul primo numero di “Civiltà delle macchine” (rfivista diretta da Leonardo Sinisgalli), e soprattutto che Adriano Olivetti (alla guida fin dal 1932 della grande omonima azienda italiana) su pressione del figlio Roberto, in un discorso tenuto a una folla di lavoratori delle officine di Ivrea alla vigilia di Natale del 1955, annunciava a tutti la nascita di una nuova sezione di ricerca, dedita “a sviluppare gli aspetti scientifici dell’elettronica, poiché questa rapidamente condiziona nel bene e nel male l’ansia di progresso della civiltà di oggi”. E qualche anno dopo, nel 1959 esattamente nel novembre, la Olivetti creò il primo prototipo di “computer da tavolo” (Elea 903) e lo presentò l’8 di novembre al presidente della repubblica Giovanni Gronchi.. Sul progetto piombarono, ovviamente, che gli americani e Adriano Olivetti compì il suo capolavoro negativo svendendo, su pressioni insistenti del conservatorissimo Vittorio Valletta (super manager, negativo, della Fiat), il suo progetto e le sue prime sperimentazioni. In pratica l’Italia regalò agli USA la leader schip futura in campo tecnologico. Un’Italia bloccata, in pratica, dalla sua eterna indecisione nei confronti di riforme possibili e mai realizzate. E pensare che sulla prima navicella spaziale, Apollo 11, che sbarcò sulla luna nel 1969 il centro di calcolo era stato ideato e realizzato nelle officine di Adriano Olivetti. Ecco il sogno italiano, quell’avere quasi afferrato la Luna ed essere riusciti a perderla può essere sintetizzato nell’episodio appena raccontato. Mal’opera di Michele Mezza, naturalmente, si sviluppa su cinque assi principali: La politica, l’industria, la religione, il comunismo e la comunicazione. In effetti siamo stati capaci, perla nostra perenne indecisione, di perdere tutto in quanto senza la tecnologica, già ideata e sperimentata da Olivetti, siamo rimasti al palo anche per la comunicazione che è uno dei pilastri fondamentali della vita globale di oggi. Basta pensare che in quei quaranta mesi, dal 1962 al 1964, c’era stato nel nostro Paese uno sviluppo memorabile sotto il profilo della comunicazione-pubblicitaria che statisticamente vedeva l’Italia al primo posto in Europa con un budget complessivo superiore di ben tre volte superiore a quelli di Francia, Germania e Inghilterra messi assieme. Sembrava che in quegli anni il riformismo dovesse prendere la volata sul conservatorismo, riuscimmo a nazionalizzare addirittura l’energia elettrica e le riforme si fermarono lì. Tutto è andato perduto <<per colpa di quella dialettica eterna e insolubile tra innovatori e conservatori, siamo stati capaci di inventare il fascismo e il comunismo ma ci ritroviamo con una democrazia scalcagnata in un Paese dove anche il PCI si irrigidì di fronte alla novità dello Statuto dei Lavoratori>> ha detto l’ex ministro Claudio Martelli ed ha profondamente ragione. Una lunga riflessione Michele Mezza la riserva, nel suo libro, alla fede ed alla religione, come per dire che verosimilmente la Chiesa, pur nel suo conservato conservatorismo, ha saputo essere molto più innovatrice della politica e ritorna alla mente la rivoluzionaria affermazione di Benedetto XVI quando disse che <<Dio non ama la fede senza ragione>>. Per chiudere non posso dimenticare la location della presentazione del libro “Avevamo la luna”, il tutto è avvenuto a Cava de’ Tirreni nello splendido “giardino segreto del marchese” ottimamente organizzato da Enzo Bove.

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