Per incentivare la lettura non c’è bisogno di incentivi.

 

Renato Messina

renatomessina87@gmail.com

NAPOLI – Un nuovo incentivo è stato ufficializzato dal Bollettino Ufficiale campano; si tratta del sostegno all’editoria e all’informazione locale. Una profusione di belle parole e ottime dichiarazioni di intenti spiccano nelle frasi introduttive al testo della legge: “la regione … riconosce la pratica della lettura quale strumento insostituibile per la circolazione delle idee, la crescita sociale e culturale dei cittadini, la crescita di una opinione pubblica democratica e consapevole, la salvaguardia della diversità intellettuale.” Per raggiungere tutti questi obiettivi quindi è stato messo a disposizione l’apposito capitolo di spesa previsto nel bilancio 2013. La ripartizione delle risorse e la diversità delle iniziative è stupefacente; si va dall’incentivo per la partecipazione alle fiere, alle facilitazioni per l’accesso al credito bancario, dall’ammodernamento tecnologico, all’acquisto diretto di prodotti editoriali per enti pubblici. Il tetto massimo riscuotibile è abbastanza ridotto; non oltre i 12.000 o i 15.000 euro  a seconda della tipologia e l’incentivo non ha termine stabilito. Ne consegue che l’intervento assume più le connotazioni di “contributo a pioggia” che di intervento mirato. Altro aspetto da mettere a sistema è il fatto che questa legge sostituisce una del 1990 che prevedeva premi e contributi per pubblicazioni meritorie, organizzazione di fiere, pubblicazione di cataloghi editoriali per non più di 10 milioni di lire (circa 5.000 euro) ciascuno. Nella riedizione di questo incentivo quindi non c’è solo un aumento in valore assoluto dell’aiuto concesso, ma anche la certezza che almeno dal 1990 la regione distribuisce finanziamenti, anche se di piccola entità, senza alcuna strategia. La ratio di un incentivo dovrebbe essere quella di garantire la fruibilità di qualcosa che sia ritenuto di interesse per tutti, limitatamente nel tempo (e non continuamente prorogato). Senza addentrarsi nei tecnicismi delle inefficienze causate da gran parte degli incentivi, possiamo semplicemente notare che se da più di vent’anni sosteniamo continuamente uno specifico settore, forse questo non è il metodo più adatto per risolvere il problema; inoltre dovremmo anche capire se esista effettivamente un problema o se stiamo solo trascinando una rendita di posizione. Se poi volessimo attenerci alla pomposa dichiarazione di intenti sopracitata, non si capisce per quale motivo il sostegno alla lettura debba passare per gli editori, le emeroteche e le piccole librerie, piuttosto che per un incentivo per l’acquisto di libri o un programma contro l’abbandono scolastico. Ultima nota: all’articolo 12 comma 3 si legge che “la Regione si impegna annualmente all’acquisto di pubblicazioni da destinare a  biblioteche, scuole, enti e istituzioni di rilevante interesse culturale e sociale, sentito il Centro di documentazione dell’editoria campana …”. Questo ente viene creato nel successivo articolo 15 (fortunatamente senza prevedere compensi per chi vi partecipa) ed è formato da un dirigente regionale, due rappresentanti degli editori e due esperti, uno nominato dall’assessore e uno dalla commissione competente. C’era davvero bisogno di creare un ente nuovo per dire quali libri comprare per le scuole tramite questi incentivi? Volendo anche tenerselo, non sarebbe stato più efficace inserirci del personale del mondo della scuola? Almeno questa parte dei suoi compiti non poteva essere assegnata all’Ufficio Scolastico Regionale campano? Le altre competenze del Centro infatti sono quella di fare una relazione annuale sull’utilizzo di questi fondi (quindi degli editori giudicheranno come hanno funzionato i fondi all’editoria), quella di supportare la creazione di un portale web ed esprimere dei pareri. Sarà questo il modo giusto di fare cultura?

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