Elezioni 2018: Berlusconi-De Benedetti, il duello infinito !!

 

 

 

 

 

Aldo Binchini

 

SALERNO – La domanda e’: “Puo’ un Paese libero e democratico essere vincolato da oltre trent’anni alle vicende imprenditoriali e personali di gruppi come quelli di Berlusconi e di De Benedetti ?”. La risposta, senza indugi, e’ sicuramente no. Alla risposta scontata bisogna pero’ aggiungere le motivazioni di un visibile perche’.

            Ho provato a parlare di questo “storico duello” gia’ l’11 luglio del 2011 quando, almeno per me, affrontai per la prima volta questa problematica, squalida e deprimente, che tiene in bilico le sorti del nostro Paese (come tenuta democratica, intendo !!) da almeno tre decenni.

I due gruppi di potere economico tra i più forti del Paese se le stanno suonando di santa ragione da oltre vent’anni con l’obiettivo finale del controllo totale della vita pubblica di oltre cinquanta milioni d cittadini italiani. Berlusconi e De Benedetti, due facce della stessa medaglia, quella della tracotanza e del bieco tornaconto personale. I due imperi economici fatalmente si scontrano ed alimentano sconvolgimenti apocalittici nelle borse di tutta Europa ed in buona parte del Mondo. Il loro potere, cresciuto all’ombra di storici potentati politici, è illimitato e senza controllo: verso destra quello di Berlusconi, verso sinistra quello di De Benedetti.

Gli scandali, ovviamente, non sono mancati per nessuno dei due; per Berlusconi il più visibile è quello tuttora attuale della Mondadori (centinaia di milioni di euro da pagare alla controparte) con radici che affondano negli anni ’80 agli albori dei primi scontri senza esclusione di colpi che portarono De Benedetti al fermo di polizia per ben tredici ore a seguito dello scandalo dell’ex Olivetti e per le vendite obsolete allo Stato di una meccanizzazione superata. Lo scandalo scoppiato in piena tangentopoli, nel ’93, oggi poco ricordato dalla grande stampa, portò l’allora pm Augusta Iannini (gia’ magistrato, moglie di Bruno Vespa e gia’ capo del Dipartimento per gli affari di giustizia del ministero) a richiedere l’arresto del magnate; il gip concesse soltanto il fermo per il tempo necessario all’interrogatorio che fu effettuato in una delle caserme dei Carabinieri di Roma.

Dopo quell’episodio lo scontro tra i due si e’ inasprito ancora di più soprattutto quando, dopo pochi mesi da quello smacco, il suo rivale Berlusconi decise di scendere in politica agli inizi del 1994 per vincere le sue prime elezioni. Un fatto, quello, che sovvertì le regole storiche che avevano stabilizzato questo Paese su un principio fondamentale, anche se poco praticato al mondo: la politica al governo del Paese, gli imprenditori al controllo dell’economia.

Su questo binario parallelo per decenni si erano mossi i grandi statisti e le grandi famiglie. Solo per fare un esempio gli anni 50 e 60 furono caratterizzati da due grandi blocchi imprenditoriali, da un lato gli Agnelli e dall’altro i Moratti; famiglie che pur governando (anche politicamente in maniera surrettizia) il Paese non si sono mai direttamente impegnate sulla scena politica se non con piccole escursioni familiari senza alcuna velleità; famiglie che pur pensando ai loro affari hanno sempre evidenziato una facciata meno aggressiva e più soft. Questi mecenati, pur governando di fatto il Paese, all’apparenza si davano alle attività sportive sponsorizzando grandi club calcistici o, come nel caso della Ignis, grandi squadre dei cosiddetti spot minori. Era un’epoca forse del tipo amarcord  ma molto produttiva sul piano politico anche se, ad ogni alito di vento (le borse mondiali!!) i governi e i personaggi cadevano come foglie secche sotto i colpi economici delle grandi famiglie.

Il Corriere della Sera negli anni ’60, in coincidenza di una crisi di governo, arrivò a titolare pressappoco così: “Andreotti passa per Mirafiori e per Waschington e forma il governo”. Poi è arrivata l’era Berlusconi-De Benedetti che ha sconvolto tutto. Berlusconi ha pensato bene di sostituirsi alla politica e di assumere direttamente, e senza più infingimenti, anche la guida del Paese con tutto il carico negativo del “conflitto d’interessi” che è soltanto reclamizzato ma non risolto, dall’altra parte politico-imprenditoriale in quanto il conflitto esiste e come anche per quegli interessi che la politica di sinistra fa solo finta di non vedere e di non capire, ma dei quali è comunque vittima sacrificale.

Ovviamente in questo scontro si sono messi di traverso i giudici ai quali, diciamocelo con franchezza una volta  per tutte, il potere interessa e come, soprattutto quello economico. E abbiamo assistito a giudici corrotti o corruttibili, a giudici sprezzanti anche delle più elementari nozioni fondamentali del diritto, a giudici che sfrontatamente (leggasi Milano!!) hanno pubblicamente preso le parti dell’uno anziché dell’altro. Come se niente fosse tutto è stato calpestato sulla scia del volere dei due grandi blocchi mediatici del Paese, sempre loro due, da una parte Berlusconi e dall’altra De Benedetti.

La famosa o famigerata terzieta’ del giudice e’ andata a farsi benedire soprattutto quando in campo ci sono i “due cavalieri”.

Le ultime due vicende sono sotto gli occhi di tutti; da un lato la telefonata tra De Benedetti e Renzi per il famoso decreto sulle banche (l’ingegniere avrebbe guadagnato circa 800mila euro per movimenti bancari avendo in anticipo la certezza che il decreto sarebbe stato emanato da li a qualche ora, in un Paese dove i decreti vengono manipolati anche all’ultimo secondo), dall’altra parte la controreazione mediatica contro Berlusconi per l’assurda e quanto mai fantomatica vicenda della vendita del Milan ai cinesi.

Appuntamento alla prossima battaglia, ha detto qualcuno, e mai affermazione fu piu’ veritiera.

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