CASALNUOVO: alla ricerca della prova che non c’è ?

 

 

Aldo Bianchini

 

SALERNO – Sul drammatico caso della morte di Massimo Casalnuovo (20 agosto 2011 a Buonabitacolo) ho scritto davvero tanto; spesso sono stato contestato e, addirittura, una volta dinanzi al Tribunale di Sala Consilina c’è stato anche un tentativo (molto larvato, in verità) di aggressione fisica; quasi come a dire che un giornalista non deve essere libero di scrivere ciò che pensa in piena libertà e autonomia.

Avendo letto sempre gli atti prima di scrivere, ho sostenuto fin dall’inizio che se gli investigatori andavano alla ricerca delle prove che non c’erano avrebbero fatto un buco nell’acqua per incastrare il maresciallo dei carabinieri Giovanni Cunsolo reo, secondo l’accusa di alcuni presunti spettatori del fattaccio di quella sera e degli stessi investigatori, di aver colpito con un calcio il motorino su cui viaggiava il Casalnuovo causando lo sbandamento, la caduta, il ferimento e la successiva morte del giovane buonabitacolese che, è giusto ricordare, non si era fermato all’alt dei Carabinieri..

Ho sempre sostenuto che il maresciallo Cunsolo aveva limitato la sua azione ad una difesa, quasi passiva, dal probabile o presunto tentativo di investimento che, secondo la difesa del maresciallo, il ragazzo aveva messo in atto per evitare che i carabinieri lo fermassero al posto di blocco fatto per stroncare quella specie di “gioco notturno”, con i motorini e gli schiamazzi, segnalato alle forze dell’ordine da molti cittadini ed anche dallo stesso sindaco dell’epoca con specifica richiesta di intervento al fine di garantire la quiete pubblica.

L’asprezza del caso e il dolore sconvolgente per la morte di un giovane ragazzo ha sempre accompagnato i miei scritti e le mie supposizioni articolate essenzialmente su due precise linee di pensiero:

  • Da un lato, quella dello sfortunato ragazzo, la confusa e irrazionale ricerca immediata di presunte testimonianze (storica quella di un signore che grida al figlio di testimoniare che il maresciallo ha colpito con un  calcio il motorino) che avrebbero dovuto assicurare una ricostruzione credibile di quanto sciaguratamente accaduto quella sera;
  • Dall’altro, quella del maresciallo, una lucida e razionale nonché immediata ricostruzione dell’accaduto a dimostrazione dell’innocenza del militare o tutt’al più, nel peggiore dei casi, dell’accettazione di una responsabilità conseguente ad un tentativo di eccesso di legittima difesa (il maresciallo credendo di poter essere investito ha istintivamente alzato il piede, ma non ha sferrato il calcio che è altra cosa).

 

A questo punto la domanda viene fuori spontanea: “Qual è la linea credibile e vincitrice ?”.

Io, ovviamente, propendo per la seconda linea di pensiero, per quella cioè assolutoria con formula piena nei confronti del maresciallo Cunsolo e non tanto e non solo perché quella linea discende da un chiaro e netto vantaggio dell’Arma dei Carabinieri nella ricostruzione dei maledetti fatti di quella sera, piuttosto dal fatto che fino a questo momento nessuna prova chiara e conclamata è stata mai trovata in favore della prima linea di pensiero che a difesa del ragazzo dovrebbe portare all’incriminazione seria ed alla condanna del presunto responsabile, nonostante i vari gradi di giudizio fin qui consumati.

In pratica, e nessuno me ne voglia, il caso giudiziario in se è già durato abbastanza, forse anche troppo, e molto probabilmente poteva già essere concluso con l’assoluzione che il giudice monocratico decretò in sede di giudizio di primo grado (Tribunale di Sala C.) e che l’appello (Tribunale di Potenza) ribaltò chiedendo la condanna dell’imputato; condanna che la Cassazione ha praticamente cancellato rimandando gli atti ad una nuova Corte di Appello (Tribunale di Salerno) dove tuttora è in svolgimento il dibattimento nell’ambito del quale il P.G. ha già chiesto una nuova assoluzione del maresciallo.

Manca un piccolo ma significativo tassello alla conclusione di questo intricato caso giudiziario che era, è e resterà comunque drammatico perché in mezzo c’è la morte di un giovanissimo che aveva dinanzi a se ancora tutta la vita da vivere.

Il tassello mancante può e deve rimetterlo al suo posto, al suo giusto posto, l’avvocato penalista Renivaldo Lagreca (difensore del maresciallo Cunsolo) che avrà a disposizione l’udienza del prossimo lunedì 6 maggio (domani !!) per quella che si annuncia come una storica arringa difensiva nel corso della quale il noto penalista dovrà dimostrare al collegio giudicante che la prova regina non c’è e che si è perso inutilmente tempo nella sua spasmodica ricerca ben sapendo che, con buona probabilità, non c’è mai stata.

L’avvocato Lagreca, in questo processo, ha dovuto lottare non solo contro una intera comunità (quella buonabitacolese) ma ha dovuto tener testa anche ad un assalto mediatico che, almeno nel Vallo di Diano, non ha avuto fin qui uguali e che grazie alla presenza dell’avv. Cristiano Sandri (notissimo a livello nazionale per essere stato il fratello di Gabriele, quel tifoso della Lazio che venne ucciso con un colpo di pistola dal poliziotto Spaccarotelle) ha, forse, anche inciso nel giudizio di appello se è vero, come è vero, che oggi i processi si celebrano prima in tv e sui giornali e poi nelle aule dei tribunali.

L’avvocato Lagreca ha evidenziato, nella conduzione di questa difesa, anche un altro aspetto che dovrebbe essere, e non lo è, comune a tutti gli avvocati: “Osservare la regola del silenzio, della compostezza e della professionalità tutta tesa alla ricerca della verità”; una verità che Lagreca dovrà trasmettere al collegio giudicante partendo con il vantaggio (per dirla in termini calcistici) di 2 a 1 in quanto ha dalla sua parte la sentenza di 1° e quella della Cassazione.

Poi finalmente sapremo se quella famosa o famigerata scarpa del maresciallo sarà considerata una prova certa e inconfutabile contro l’imputato, anche se il CTU della Corte di Appello ha già escluso l’assunzione della scarpa come prova regina.

Naturalmente potrà anche accadere che tutto il mio ragionamento venga pesantemente sconfitto; questo non conta, ciò che interessa è la libertà di poter esprimere il proprio pensiero prima che un fatto accada per non essere ridotti sempre e comunque a raccontare la cronaca di un fatto già accaduto.

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