L’invito dell’eroe Vittorio Arrigoni “… Restiamo Umani” è sempre attuale ed è necessario per contrastare “qualsiasi male” della società

Alberto De Marco

 

SALERNO – Recentemente il 18 febbraio 2020 è stato presentato presso la Parrocchia “Gesù Redentore” di Salerno, con la presenza dell’autrice, Egidia Beretta Arrigoni, il libro: “Il Viaggio di Vittorio”, Casa Editrice Baldini@Castoldi s.r.l. Nelle pagine di questa mirabile pubblicazione è raccontata dalla mamma, la storia della breve esistenza umana di Vittorio Arrigoni, l’eroe. il volontario, che è stato barbaramente assassinato nella notte tra il 14 ed il 15 aprile 2011 a Gaza, al fine di perseguire i valori morali: della verità, della giustizia e dell’amore per il prossimo; rappresentava quindi per gli israeliani, un personaggio “scomodo”. Vittorio Arrigoni era un Osservatore Internazionale dell’ONU, che si frapponeva come scudo umano a difesa dei palestinesi: dei bambini che andavano a scuola; nonché degli agricoltori che desideravano raggiungere i loro terreni agricoli e dei pescatori di uscire in mare oltre le tre miglia dalla costa, come invece previsto dagli accordi internazionali di Oslo; perché erano presi di mira dai cecchini israeliani. La morte di Vittorio ha ingenerato una forte commozione dei giovani di tutto il mondo. Con queste pagine intrise di forti emozioni, possiamo forse stimolare un importante momento di riflessione, mi farebbe piacere di richiamare l’attenzione soprattutto di quei giovani che quotidianamente manifestano una minore sensibilità per il sociale, in particolare modo di quelli che ancora non attribuiscono “il giusto valore” alla vita, ed oggi che siamo attanagliati dalla “pandemia del coronavirus”, si fanno beffa dei consigli scientifici per evitare il virus; alcuni di loro ancora non rispettano le regole presenti nell’Ordinanza del Governo, anche se il loro atteggiamento potrebbe mettere a repentaglio la propria vita, quella dei familiari, nonché quella della collettività. A questi giovani dal “sorriso facile”, vorrei ricordare le continue violenze che si perpetuano da tempo in luoghi diversi del nostro pianeta e che generano genocidi e diaspore di numerosi nuclei familiari, che pure appartenendo ai popoli ricchi di risorse naturali, sfruttate il più delle volte dai paesi occidentali, sono costretti ad affrontare “i viaggi della speranza”, per assicurare la loro sopravvivenza e quella dei loro cari. Quello che oggi può sembrare irreale, si palesa nell’assurdità del “dogma della violenza”: la violenza generatrice di altra violenza; con la situazione paradossale che nel tempo le vittime della violenza si trasformano in carnefici. A tale proposito ci ritornano alla mente le parole del Mahatma Gandhi:“….a furia di dire occhio per occhio, resteremo tutti ciechi…” Pertanto non ci meravigliamo, che il popolo prediletto da Dio, quello ebreo che nel secondo conflitto mondiale ha subito le maggiori vessazioni con oltre 6.000.000 di morti, da anni in determinati momenti, attraverso alcuni uomini indegni di appartenere a quel popolo, si sono trasformati da vittime ad oppressori e portatori di atroci sofferenze. Questa considerazione si evince chiaramente dalle pagine di questo libro, attraverso i racconti dell’eroe, Vittorio Arrigoni, che ha sacrificato la sua giovane esistenza per tutelare la vita ed i diritti del popolo palestinese con la scelta di praticare l’interposizione non violenta: “….Mettersi tra due belligeranti, sia che si tratti di due persone; di un carro armato e di alcuni bambini; di manifestanti e di poliziotti pronti a spararti …Tra i tanti crimini che i soldati israeliani commettono contro la popolazione palestinese, ce n’è uno poco conosciuto, entrare di notte in Palestina, occupare un edificio alto per appostare i propri cecchini, sparare alla gente fino a quando è buio.  La famiglia che abita nella casa occupata viene rinchiusa in una stanza e nessuno può uscire, neanche per andare in bagno, per tutta la durata “delle operazioni militari”, nel corso delle quali viene saccheggiato di tutto …”. Dai racconti di Vittorio Arrigoni e da alcune testimonianze da lui ricevute dalle vittime delle molteplici e sconvolgenti violenze, alle quali era ed è ancora    oggi sottoposto quotidianamente, il popolo palestinese da parte dei soldati israeliani, ne scaturisce una sua riflessione: “…. Siamo a Seida, a due passi da Tulkarem, immerso in una splendida campagna fitta di uliveti e viti, capace di sfornare diversi martiri consacrati alla jibad islamica…”.Inizia a raccontarci la storia di un vecchio palestinese di questo paese, dove girano di notte sulle colline i mezzi militari: “…O ci consegni tuo figlio entro 48 ore o torniamo e ti demoliamo la casa”, questa è la tipica versione israeliana di attacco preventivo : “…Mi hanno ammazzato il figlio davanti agli occhi, ora vogliono l’altro, che dovrei fare io? Che male abbiamo fatto tutti noi? Vogliamo soltanto vivere in pace, perché non ci lasciano in pace? E’ da queste testimonianze ricevute che scaturisce la considerazione di Vittorio Arrigoni:”…Per lo più questi martiri guerrieri sono ragazzini di 20 anni con la faccia troppo dura  per essere vera, ritratti nelle foto ai lati delle strade coi Kalashinikov in braccio. Già diversi di questi giovani partigiani sono stati uccisi a sangue freddo durante le retate dei soldati israeliani…. Non è per religione, né per ideale politico che questi ragazzi di campagna si sono convertiti in guerriglieri. Non si sognavano neppure di invadere Israele per compiere attentati. Ma la disperazione di chi si trascina dietro una serie infinita di lutti e disperazioni crea soldati pronti al martirio.    E’ un’occupazione estenuante e terribile come quella israeliana, ha reso temibili combattenti dei semplici contadini ineruditi … Certo è che se fossi nato quaggiù e avessi visto morire la mia gente e martoriata la mia terra, durante tutta la mia breve esistenza, forse non avrei esitato un istante neanch’io a imbracciare il kalashinikov e a giurare battaglia in difesa della mia gente.        E da un Dio qualsiasi avrei fatto benedire la mia anima”. Questa triste, amara, angosciosa e preoccupante considerazione è la cartina al tornasole, che ci offre la consapevolezza e la certezza che la violenza alimenta soltanto violenza, mentre il perdono, l’amore ed il confronto improntato al rispetto del nostro prossimo, realizza quella condizione indispensabile per la sopravvivenza e la pacifica esistenza dell’intera umanità. In una lettera scritta da un volontario Gabriele Corno, nella quale raccontava del suo primo incontro con il suo fraterno amico, Vittorio Annigoni, dopo la sua morte a sua madre Egidia Berretta “… L’incontro con suo figlio cambiò radicalmente la mia vita, perché sebbene fosse poco più giovane di me, aveva un’esperienza e una maturità superiore a tutte le persone da me conosciute fino ad allora. Era chiaro che non solo avesse un’umanità e un’intelligenza fuori dal comune, ma che le sue avventure già affrontate in passato come volontario in altri campi di lavoro lo avevano accresciuto spiritualmente e la sua enorme passione per questa nobile forma di altruismo e aiuto verso i più deboli era contagiosa, tanto che da subito mi convinsi a volere seguire il suo esempio. Praticamente da quel momento in avanti ogni sosta del lavoro estivo o invernale che fosse, si tramutava in un viaggio verso l’ignoto, nelle zone più disparate del mondo, in modo da non sprecare le nostre vite nell’inconsapevolezza della monotonia e nell’inesistenza di valori, impiegando il tempo per lavori che non ci arricchivano economicamente ma spiritualmente …”. Non possiamo che concludere, auspicando che questo giovanissimo eroe straordinario, Vittorio Annigoni,  dalla “Volta Celeste”, possa illuminare il cammino di tutti i nostri giovani.

 

 

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