L’USO CORRETTO DEI FARMACI ANTIEPILETTICI IN GRAVIDANZA

da Dr. Alberto Di Muria
Padula-In un passato non lontano si impediva la procreazione alle donne affette da epilessia, che di conseguenza venivano escluse anche dal matrimonio. In realtà, nella grande maggioranza dei casi non si riscontrano problemi e ben oltre il 90% delle donne con epilessia ha una gravidanza dagli esiti positivi. Inoltre, la gravidanza solo raramente influisce negativamente sulla frequenza delle crisi. Inoltre, la probabilità che i figli di genitori con epilessia ereditino la patologia è molto bassa.
L’epilessia non è quindi un motivo per rinunciare alla gravidanza, che anzi può essere portata a felice compimento facendo attenzione a prendere alcune precauzioni.
È stato osservato un lieve aumento del rischio di difetti congeniti in bimbi esposti nel corso del primo trimestre di gravidanza ad alcuni farmaci antiepilettici, soprattutto se assunti a dosi alte. Tuttavia, ridurre il rischio malformativo è possibile.
È utile quando possibile, ricorrere ad un unico farmaco antiepilettico, scelto tra quelli a minor rischio, alla dose minima efficace. È inoltre molto importante, come anche per le altre donne, l’integrazione con acido folico almeno 2-3 mesi prima del concepimento e durante il primo trimestre di gravidanza. Anche per questo è importante programmare con attenzione la gravidanza e consultare il proprio epilettologo per una eventuale modifica della posologia o del tipo di farmaci.
Mai sospendere la terapia: una brusca interruzione deve in ogni caso essere evitata perché estremamente pericolosa. Inoltre, occorre effettuare un monitoraggio regolare della terapia e dei dosaggi dei farmaci assunti durante la gravidanza: alcuni antiepilettici, infatti, subiscono una modifica del loro metabolismo in questa fase e, a parità di dose assunta, possono risultare ridotti nel sangue, esponendo la paziente a rischi supplementari di presentare crisi.
Ad esempio, secondo uno studio su 430 donne con epilessia, i livelli ematici di molti farmaci antiepilettici comunemente usati diminuiscono drasticamente con l’inizio della gravidanza, suggerendo la necessità di un aumento della dose. Rispetto ai valori al di fuori della gravidanza, le concentrazioni plasmatiche durante la gravidanza sono diminuite fino al 56,1% per la lamotrigina, al 39,9% per la lacosamide, al 36,8% per il levetiracetam, al 32,6% per l’oxcarbazepina e al 29,8% per la zonisamide. Non sono stati rilevati invece cambiamenti significativi nelle concentrazioni plasmatiche di carbamazepina e topiramato,
I risultati di questo studio indicano che in gravidanza potrebbe essere richiesto un aumento della dose di diversi farmaci anticonvulsivanti per prevenire il peggioramento delle crisi epilettiche garantendo il miglior rapporto rischi-benefici sia per la madre sia per il feto.

 

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