MIGRANTI: l’incredibile storia delle impronte digitali

 

Aldo Bianchini

Per le impronte digitali dei migranti c'è ancora chi dice: "Bisogna conciliare l'esigenza dell'identificazione con la tutela della persona!

SALERNO – Sembra davvero incredibile ma è così; quando qualcuno in Italia si sveglia e chiede perché per i migranti in arrivo sul nostro territorio non vengono tutti identificati attraverso le impronte digitali viene subito aggredito, quasi come quando qualche altro si schiera contro le “quote rosa” (vergogna assoluta di un Paese civile); associazioni umanitarie, medici senza frontiere e le ONG, tutte pronte a protestare contro quello che, per loro, appare come un violazione della privacy dei singoli migranti.

Davvero incomprensibile, tanto da far svegliare l’Unione Europea che di recente ha sussurrato: “Perfezionare l’equilibrio tra solidarietà e responsabilità … nell’ambito della doppia trattativa nel cuore dell’Unione, sotto la regia della Svezia -che ancora per un mese ha le redini della presidenza di turno del Consiglio, l’organismo che riunisce i governi dei Ventisette-, per provare a sbloccare lo stallo sulla riforma del diritto d’asilo così da mandare in soffitta entro un anno il regolamento di Dublino, prima cioè del voto europeo del giugno 2024”.

Al centro del problema tra le due diverse fazioni (Paesi del nord Europa e Paesi del Mediterraneo) c’è l’identificazione di mass dei migranti attraverso le impronte digitali, un fatto che consentirebbe giustamente ai Paesi del Nord una maggiore sicurezza nell’accoglienza di migranti che, al di là delle generalità variabili, verrebbero senza ombra alcuna identificati elettronicamente.

Tanto che la UE, ultimamente, avrebbe promesso indennizzi specifici all’Italia per la garanzia di identificazione attraverso le impronte, pur rimanendo tutti nell’ambito della cosiddetta “solidarietà obbligatoria”.

Insomma in Italia, come per altri Paesi mediterranei, esiste il problema delle impronte digitali; un fatto talmente assurdo da far ridere.

Mi sono spesso chiesto se questi “signori-soloni dell’accoglienza” abbino mi lascito la loro casa di nascita per recarsi, ad esempio, negli Stati Uniti d’America; delle due l’una, o davvero non sono mai usciti dl loro guscio o pur essendo stati in America non intendono replicare per i migranti i sistemi di identificazione esistenti negli USA.

L’argomento, ovviamente, è complesso e l’Italia si distingue in maniera particolare con i suoi ragionamenti cervellotici intrisi di nozioni filosofiche e di principi etici che coinvolgono anche la UE che cade facilmente in una sorta di “stato confusionale” a metà strada tra la Svezia che insiste per procedure identificative molto rigide e i Paesi più teneri del Mediterraneo (Spagna, Grecia, Malta e Cipro) capeggiati dall’Italia e riuniti nel club dei “Med5” più possibilisti al fine di un’accoglienza senza tante complicazioni.

Come funziona negli USA; è facile spiegarlo e capirlo. Ogni volta che metti piede sul territorio statunitense ti vengono prese le impronte, ben al di là del fatto che già esistono nei mega archivi elettronici; con l’aggiunta che se tu per caso vi in visita alle cascate del Niagara o alle isole tropicali, quando rientri (anche se ciò accade il giorno dopo) vieni nuovamente identificato con la sottoposizione al rito delle impronte digitali. E tutti zitti, felici e contenti.

 

 

 

 

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