EGREGI AMMINISTRATORI: CI AVETE TRADITO TRE VOLTE

 

 

da Alfonso Malangone

(Ali per la Città)

 

SALERNO – Il rientro dal Disavanzo di € 169,9 milioni è previsto nell’arco di vent’anni. Fino al 2044 (fonte: Contratto Aiuti). Ma, secondo il cosiddetto ‘cronoprogramma’, cioè la progressione annuale dei rimborsi, il cuore del risanamento è nei primi otto anni. Dal 2023 al 2030, infatti, si dovranno recuperare € 150.861.888,43, Poi, nei successivi 12, solo € 19.105.514,33. E, questa, è già una stranezza. In ogni caso, non sono consentite deroghe. Tutto quello che dovesse ‘mancare’ dovrà essere recuperato ricorrendo a nuove tassazioni (fonte: cit., art. 4/c). In sostanza, l’Amministrazione si è impegnata a dissanguarci, se necessario. Questi sono i numeri. Ovviamente, ognuno può dire quello che vuole, anche se non serve a molto fare filosofia. I numeri sono evidenze concrete, non frottole.

In altra occasione, è stato dimostrato che il Disavanzo è parte del debito complessivo dell’Ente che, a fine 2022, ammontava a € 503,2 milioni. E’ evidente che il suo rimborso avrà il duplice effetto di ridurre le disponibilità personali dei cittadini, in conseguenza di più cospicui prelievi, e di contenere le spese dell’Ente per i servizi essenziali. Ma, sarà anche causa dell’impoverimento dell’intera Comunità. Perché, tra le fonti di rientro, c’è quella della vendita del Patrimonio Disponibile, cioè dei beni che appartengono a tutti. Si dovranno recuperare addirittura € 77.018.558,91, cioè circa il 50% del totale di € 169,9 milioni.

L’elenco delle alienazioni è stato aggiornato con la delibera di Consiglio n. 23 del 30/05/2023. Il tabulato comprende 68 cespiti, anche occupati, per un controvalore stimato di € 16.430.159,50, e 5 aree urbane di Progetto, cosiddette Prog., su cui si può costruire, valutate € 26.812.000 (fonte: cit., all. A-B). In totale fanno € 43.242.159,50. Ci sono da aggiungere, poi, i beni assegnati, ma non ancora formalmente trasferiti, già oggetto dei rilievi dei Revisori in sede di chiusura del Consuntivo 2022. Sono: il palazzo di via Rafastia, per € 6.283.000; un’area destinata a garage, per € 3.474.475,75; una particella di terreno del nuovo Ospedale, per € 7.082.565,64. E, siamo a 60.082.200,89. Per arrivare ai previsti € 77,0 milioni, ci manca ancora qualcosa, Senza considerare, ovviamente, la possibilità di realizzare incassi inferiori, sia perché alcuni beni sono davvero di scarso interesse, sia perché le operazioni difficilmente si chiudono con i prezzi di gara. E, quindi: “cosa si deve aggiungere ancora”? All’inizio, l’Assessora al Bilancio aveva posto un confine preciso: “il piano prevede…la valorizzazione (cioè: vendita) del patrimonio disponibile, non soggetto a vincoli” (fonte: Cronache). Adesso, invece, apprendiamo che questa limitazione non vale più. E, questa, è una notizia molto dolorosa.

Va premesso che sono andate deserte le ultime gare per la cessione dell’area Prog. di Foce Irno e della palazzina, ex Ufficio Igiene, di via S. Mobilio. Incasso mancato di € 17,5 milioni. Ma, in precedenza, erano andate egualmente deserte le aste per l’area del Campo Volpe, € 7,1 milioni, di via Vinciprova, € 3,2 m., di piazza Mazzini, € 3,2 m., ed altro ancora. Così, spinti forse da comprensibile preoccupazione, il primo giorno di Agosto, con l’assenza di quattro Assessori, tra cui anche la responsabile del Bilancio, gli Amministratori hanno deliberato l’adesione all’Operazione Pubblica di Acquisto di immobili lanciata dalla Invimit Sgr Spa, società del Ministero delle Finanze che gestisce un fondo immobiliare per la valorizzazione e vendita di beni pubblici. Delibera assunta sul filo di lana, visto che il termine per la domanda era fissato al 04 Agosto. Adesso, è stato spostato al 30/09. L’OPA, avviata su richiesta del Governo, ha la finalità di aumentare la disponibilità di residenze Universitarie riqualificando e trasformando immobili già esistenti di dimensioni non inferiori a 2.500 mq. e con categorie catastali compatibili (fonte: Invimit, OPA, all. 1). Tra i beni offerti, ci sono, innanzitutto: 13 negozi-terranei a Giovi e 6 a Bellizzi; la Fattoria di Eboli di 180mila mq., su cui insiste il noto impianto fotovoltaico; 3 Aree Prog,, Foce Irno, Vinciprova, via De Filippo; un locale nell’ex-Capitol. In verità, per questi cespiti, l’offerta si potrebbe definire almeno stravagante, detto con rispetto, perché le loro caratteristiche non rispettano le condizioni imposte da Invimit. Del resto, sembra difficile che gli studenti possano andare a dormire nei terranei o in campagna, sotto i pannelli solari. Certamente più valida, invece, è l’offerta del fabbricato di via S. Mobilio, che potrebbe essere accolta. E, fin qui, stiamo nell’elenco deliberato il 30/05 scorso. Poi, non più. Nella proposta, infatti, sono stati inseriti anche gli Edifici delle ex-Carceri del Centro Storico Alto. Sono edifici che risalgono fino al 1200 e dovrebbero essere l’orgoglio di una Città con una storia e una cultura millenaria. La vendita di queste strutture, per le quali sono mancate in vent’anni concreti progetti di utilizzo, rappresenta una sconfitta sonora e mortificante per una Città priva di Biblioteche, Musei e di spazi per le Arti, il Talento, il Sapere e il Saper Fare. Una ‘povertà’ che è ‘la madre’ di tutte le povertà della nostra Comunità, nella quale si inseguono altre ricchezze sfruttando, talora, proprio l’ignoranza culturale dei giovani e la sudditanza economica. Così, nel silenzio di una assolata giornata d’estate, l’Amministrazione ha deciso di ‘togliersi il pensiero’, facendo un unico ‘stock’, manco fossero scampoli di mercato. Tanto, sono solo pietre. Pure ammuffite! Nella tempestiva decisione, però, potrebbe esserci anche la volontà di evitare la responsabilità di futuri aumenti dell’imposizione, laddove mancassero le Entrate da cessioni. Perché, ogni euro non incassato, dovremo metterlo noi.

Si dovrà attendere, per sapere come finirà. Una cosa, però, è certa: l’Amministrazione ha tradito, per la terza volta, la storia di questa Comunità. La prima volta, nel 2009, quando i fondi per il recupero degli stessi edifici furono ‘deviati’ verso altre destinazioni. La seconda, nel 2011-2013, quando venne messo in vendita Palazzo San Massimo, Reggia Longobarda e Normanna di cui dovremmo essere fieri. La terza, adesso, per pagare debiti milionari e, magari, ‘lavarsene le mani’. Eppure, il recupero delle radici, perché possano essere di guida verso il futuro ‘accendendo il forte animo dei giovani’, dovrebbe essere un obiettivo prioritario per gli amministratori di una qualsiasi Città. Evidentemente, non la nostra. Salvo errore. Nella vita, però, i tradimenti non hanno mai pagato bene. A cominciare da quello più famoso. Forse, sarebbe giusto riflettere. Almeno su questo.

Alfonso Malangone – Ali per la Città – 02/09/2023

P.S.: i dati sono stati estratti da pagine web. Si fa salvo ogni errore.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *