Iran: dure sanzioni economiche dall’Occidente


Maria Chiara Rizzo
Imporre sanzioni economiche restrittive per indurre l’Iran a tornare al tavolo dei negoziati e a distoglierlo dal suo programma nucleare è la strategia messa in atto dall’Occidente, concretizzatasi in questi giorni.  Il braccio di ferro tra Occidente e la Repubblica Islamica Iraniana continua. Due giorni fa sono arrivate le sanzioni per mettere in ginocchio l’economia del Paese di Ahmadinejad e contemporaneamente l’Occidente ha predisposto un dispiegamento di forze navali nello stretto dello Hormuz come segnale o minaccia di eventuali ripercussioni militari. Le misure adottate mirano a strozzare l’economia iraniana, danneggiando fortemente l’export di petrolio e imponendo una sorta di embargo sui prodotti importati dai Paesi Europei. Le restrizione colpiscono anche il sistema finanziario, inclusa la Banca centrale dell’Iran. Il Presidente Mahmoud Ahmadinejad ha definito tali misure “il più pesante assalto economico su una nazione in tutta la storia”, mentre una flottiglia americana, britannica e francese attraversava lo stretto di Hormuz, un canale fondamentale per il trasporto via mare di petrolio, che Tehran ha minacciato più volte di chiudere in caso di sanzioni occidentali.  Questo affronto e l’ostentazione della forza da parte dell’Occidente era volto a sottolineare che lo stretto rimane un passaggio internazionale e una sua eventuale chiusura non verrebbe tollerata. Sebbene non ci sia stata alcuna risposta militare da parte della Repubblica Islamica Iraniana, Mohammed Kossari, vicecapo del comitato parlamentare per gli affari esteri e la sicurezza nazionale, ha avvertito: “in caso di reazione americana alla chiusura dello Stretto, l’Iran renderà la vita impossibile all’America nel più breve tempo possibile”. Nel frattempo Israele esercita forti pressioni per un’imminente azione militare, dopo aver espresso le sue perplessità sull’efficacia delle misure finora intraprese. L’Europa è destinataria del 25% delle esportazioni di petrolio dell’Iran, i cui principali clienti sono i Paesi già fortemente colpiti dalla crisi dell’Eurozona, ovvero Grecia, Spagna e Italia, che dovranno trovare altri fornitori.

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