AMATO/14: la faida familiare, da “Iniziativa ’90” a “Luigi Ansalone”

Aldo Bianchini

SALERNO – Adesso è “faida familiare”, squallida ed inquietante. Gli imperi finiscono sempre così, sotto qualsiasi latitudine. Dagli Agnelli agli Amato, passando per i Del Mese, è sempre la stessa squallida storia. Non c’è niente di più brutto che assistere agli scambi di accuse al vetriolo tra parenti stretti, da nonno a nipote, da figlio a padre, fino alle ramificazioni più intime. Ma si sa il danaro è il “DIO” supremo e gli interessi personali sono come una santa barbara pronta ad ogni tipo di esplosione. Ho letto con molta attenzione la lunga lettera che Giuseppe Amato junior avrebbe inviato al quotidiano “Metropolis”, una sorta di memoriale (così lo definisce il giornale !!) in grado di  svelare tutti i misteri e di chiarire questa lunga telenovela apparentemente senza fine. Il cosiddetto memoriale fa una lunga descrizione di fatti e misfatti già noti e che non smuovono più di tanto le varie posizioni in campo, almeno quelle dei cinque ancora ristretti agli arresti domiciliari, per i quali (fatta eccezione per Anastasio) la Procura di Salerno ha fatto ricorso chiedendo la detenzione in carcere. Una bozza difensiva, questo certamente può essere il cosiddetto memoriale, ma niente di più. Dalla lunga lettera di Giuseppe Amato junior vengono, però, fuori inaspettatamente due fatti nuovi: la società Iniziativa ’90 e la persona di Luigi Ansalone. Due cose, la società e il personaggio, di cui i pur bravi redattori di Metropolis non conoscono assolutamente nulla. Oggi intendo soffermarmi sulla figura di Luigi Ansalone molto maldestramente chiamato in causa da un irriverente Giuseppe Amato junior che con questa sua uscita dimostra, sotto il profilo pratico, come e perché si disgregano le “grandi famiglie” cucite e tenute insieme dai capostipiti, anche a prezzo di duri sacrifici e dolorosissime scelte. Non sempre i figli sono come i padri, raramente i figli superano i padri, figurarsi dei nipoti che molto spesso vivacchiano all’ombra di questi grandi pionieri dell’imprenditoria usufruendo di tutti i privilegi nel nome dei “figli della casta proletaria”. Probabilmente il marcio si annida proprio nella mente dei capostipiti che pensano e credono di poter contare sui figli, sui nipoti, sui cugini, e così via. Non si rendono conto che le aziende crescono e prosperano solo e soltanto se riescono ad affidarne le sorti ad esperti manager. Luigi Ansalone, detto Gigi, è stata in questo senso forse la scelta migliore che la famiglia Amato potesse mai fare, e fino a quando Ansalone ha potuto esercitare in pieno ed a 360° il suo potere le sorti dell’azienda sono state sempre indirizzate verso l’alto, mai verso il precipizio. Poi piano piano il ruolo di Gigi Ansalone è stato ridimensionato per l’irruenza e per la prosopopea (per non dire arroganza!!) dei tanti figli, nipoti, pronipoti, cugini, e così via, che hanno con la loro azione negativa condizionato anche la specifica volontà del  “grande vecchio” (alludo al cavaliere della pasta, don Peppino!!) che suo malgrado, nel tentativo di equilibrare lo scontro generazionale ha finito per danneggiare Ansalone e di conseguenza l’azienda. Giuseppe Amato junior, prima di parlare di Luigi Ansalone dovrebbe sciacquarsi la bocca (come si dice in gergo !!) e contare almeno fino a tredici per avere il tempo di riflettere che fino a quando Gigi Ansalone ha avuto carta bianca anche i suoi interessi volavano alla grande, senza che lui se ne accorgesse nemmeno. Questa era la realtà operativa fin dagli anni ’50 quando per scelta del commendatore don Antonio entrò per la prima volta nello stabilimento Luigi Ansalone. Io l’ho conosciuto, agli inizi degli anni ’80, per motivi di lavoro e credo che lui nemmeno si ricordi più di quei due-tre incontri, tanto che verosimilmente se leggerà queste righe si chiederà chi mai è Bianchini. Le mie mansioni ispettive mi portavano sempre a studiare le persone, meglio se manager, che incontravo sulla mia strada; ebbene di Luigi Ansalone ebbi una sensazione molto positiva, era simpatico a pelle, dimostrava di conoscere benissimo il suo mestiere e, più di ogni altra cosa, sapeva intrecciare e mantenere vivi i rapporti con tutte le Istituzioni della città e del territorio nell’ottica di salvaguardare, sempre e comunque, gli interessi dell’azienda, soltanto dell’azienda che sentiva e amava come fosse sua. Questo, per cortesia, qualcuno si faccia carico di spiegarlo a Giuseppe Amato junior per evitargli altre uscite fuori luogo e tremendamente irrispettose del lavoro e della grande professionalità sempre evidenziata da Luigi Ansalone, detto Gigi. Per quanto riguarda Iniziativa ’90 vi rimando alla prossima puntata

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