Amazon, la Francia e l’Italia.

Renato Messina

renatomessina87@gmail.com

Pochi giorni fa il parlamento francese ha approvato all’unanimità una legge in materia di commercio e distribuzione di prodotti editoriali. La nuova norma, detta anche “anti Amazon”, prevede che i rivenditori di libri non possano cumulare lo sconto del 5% (in Francia questa percentuale è il massimo per legge) con la consegna gratuita del prodotto. Il ministro della cultura d’oltralpe Filippetti ha esplicitamente parlato di concorrenza sleale nel caso dei rivenditori online che effettuano la consegna gratuita ed ha previsto uno scenario di innalzamento dei prezzi, nell’ipotesi (davvero irrealistica) in cui questi diventino monopolisti della vendita del libro (Amazon detiene il 70% del mercato, ma solo di quello online). Molto più realisticamente questa misura è volta a difendere l’estesa (ed evidentemente influente) rete dei librai francesi, che già gode della sopracitata legge di blocco degli sconti al limite massimo del 5%, approvata nell’epoca Mitterrand. Come è facile intuire la cumulazione delle due misure andrà a tutto svantaggio di chi in Francia ama la lettura ed inoltre non facilita certo la diffusione del libro. Dietro quindi sedicenti necessità pubbliche di difendere una categoria specifica e con il supporto di irrealistiche ipotesi di un futuro nel quale la vendita dei libri sia esclusivamente online, è stata legalizzata l’ennesima norma che penalizza molti a vantaggio di pochi. In Italia la situazione è migliore, ma la politica dei prezzi dei libri è comunque soggetta a normativa. La legge n°128 del 2011, come al solito, inizia con una bellissima dichiarazione di intenti con la quale si spiega che l’obiettivo è “… contribuire allo sviluppo del settore librario, al sostegno della creatività letteraria, alla promozione del libro e della lettura, alla diffusione della cultura, alla tutela del pluralismo dell’informazione”. Nella pratica, invece, è imposto uno sconto massimo del 15%, il divieto di campagne promozionali nel mese di dicembre e la loro durata massima (un mese), con un limite allo sconto al 25% del prezzo. Vengono previste alcune categorie di libri per le quali il limite del 15% è innalzato al 20%, ad esempio per quelli usati o per i testi usciti da più di venti mesi e in magazzino da più di sei. Come nel caso francese, questo genere di norma non porta ad altro risultato che all’innalzamento forzato dei prezzi dei libri, a scapito proprio della “promozione del libro e della lettura”. Questo è solo l’ennesimo piccolo esempio di come i legislatori di qualunque latitudine siano particolarmente deboli alle pressioni portate da gruppi e categorie e riescono difficilmente ad essere forti nella tutela degli interessi di tutti i cittadini, presi sia singolarmente che come collettività. Quando lo stato pretende di gestire i prezzi o influenzarli, l’esito non è nient’altro che una distorsione controproducente nei confronti dei consumatori. Il danno è grave anche perché la somma di tutte queste piccole distorsioni è una delle principali cause della diseguaglianza nelle nostre società, dove chi può esercitare pressioni sulla politica diventa sempre più ricco e chi non può ne subisce le conseguenze. Per concludere è doveroso ricordare che leggi a tutela degli editori e delle librerie rientrano anche nella competenza delle regioni (il caso campano è già stato trattato su questa testata: https://www.ilquotidianodisalerno.it/2013/09/10/per-incentivare-la-lettura-non-c%E2%80%99e-bisogno-di-incentivi/); ma sembra che neanche loro abbiano raggiunto risultati differenti.

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