FALCI: maestro in Cassazione … “al di là di ogni ragionevole dubbio”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Aldo Bianchini

 

SALERNO / ROMA – Non so se è capitato ad un altro rappresentante dell’avvocatura salernitana, sicuramente non è mai accaduto che un avvocato penalista, nato e cresciuto a Torraca (nel profondo sud del Cilento), abbia avuto l’onore ed il piacere di farlo dallo scranno più alto del “pianeta giustizia” che ha la sua massima sede nel palazzo di giustizia di Roma progettato nel 1880 dall’ing. Guglielmo Calderini ed adibito a “Suprema Corte di Cassazione”.

            La calda, suadente ma ferma e decisa voce dell’avv. Giovanni Falci, penalista di vaglia, ha fermato per alcuni minuti l’incantesimo del palazzaccio simbolo dell’eclettismo romano dell’epoca e del travertino utilizzato per comporre una struttura decisamente massiccia ed imponente.

            Dunque Giovanni Falci ha avuto l’onore di intervenire nell’ambito del convegno nazionale sul giusto processo tenutosi nell’aula magna della Cassazione il 17 gennaio scorso con un tema di tutto rispetto e di grande difficoltà: “Il principio dell’al di là di ogni ragionevole dubbio”; un tema che sta accompagnando l’intera giustizia di questi ultimi anni a volte con atteggiamenti antistorici e, fortunatamente, anche con momenti di progresso e civiltà giuridica; un tema molto caro al nostro Falci e che, per la cronaca,  ha già diffusamente trattato sulle pagine di questo giornale in assoluta anteprima attraverso il costante impegno di scardinare atavici preconcetti e rilanciare la giustezza del principio dello “al di là di ogni ragionevole dubbio”.

            Insomma noi de www.ilquotidianodisalerno.it abbiamo avuto il piacere di pubblicare tutte le bozze della preparazione dell’intervento finale in Cassazione.

 

Relazione dell’avv. Giovanni Falci

 

“””Il dubbio, anzi, l’al di là di ogni ragionevole dubbio, è assolutamente indispensabile per capire in che modo muoverci nella valutazione delle prove nel processo penale. Il principio di non consapevolezza è, infatti, un principio processuale non sostanziale. Il che significa che la Costituzione ci impone di dover ragionare nel processo come se l’imputato fosse innocente.

            La legge non ci dice se e quando credere a un teste o a una intercettazione o a una chiamata in correità o a un consulente. Ci dice solo per prendere una certa decisione il peso delle prove deve raggiungere un certo grado (cioè una certa probabilità logica). Anche qui si dà libertà al giudice.

Ma fino a un certo punto !

            Il giudice non è libero di decidere quando ci sono abbastanza prove per condannare.
E’ la legge che fissa l’asticella. Quello del “Al di là di ogni ragionevole dubbio” è uno standard probatorio. Il principio di colpevolezza fissa lo statuto epistemologico dell’ipotesi dell’innocenza e dice: al momento in cui inizia la fase decisoria, l’ipotesi dell’innocenza e l’ipotesi della colpevolezza non sono sullo stesso piano, perché l’ipotesi dell’innocenza possiede uno status privilegiato. Infatti, mentre l’ipotesi dell’accusa è, all’inizio del giudizio, un’ipotesi gratuita, cioè semplicemente verosimile, l’ipotesi dell’innocenza è l’ipotesi probabile, l’ipotesi da confutare: l’ipotesi da battere. Essa non ha bisogno di prove per sorreggersi. La sorregge la legge: la plausibilità iniziale dell’ipotesi dell’innocenza è una plausibilità legale. In questa situazione trova giustificazione la regola decisoria dell’ in dubbio pro reo. Esso non significa: essendo dubbio se lì imputato è innocente o colpevole, questi va assolto. Tale ragionamento dovrebbe portare all’assoluzione per insufficienza di prove e quindi l’art. 530 comma 2 c.p.p. sarebbe un misfatto logico perpetrato dalla legge. Invece la formula si spiega se si rovescia il ragionamento: dove è dubbia l’accusa, è certa l’innocenza. Bisogna allora confrontarsi con il principio del “al di là di ogni ragionevole dubbio”, condizione prevista dall’art. 533 c.p.p. che disciplina la condanna dell’imputato. In effetti, l’art. 530 comma 2, c.p.p. fissa lo standard al di sotto del quale si assolve, mentre l’art. 533 c.p.p. fissa lo standard al di sopra del quale si condanna. E’ opportuno allora capire cos’è un dubbio ragionevole. Innanzitutto, è ragionevole quel dubbio per il quale il Giudice può indicare le ragioni.

            E’ ragionevole, inoltre, il dubbio quando le prove consentono un’interpretazione e una ricostruzione alternativa del fatto. In buona sostanza la logica del ragionevole dubbio ha delineato un ragionamento attraversa le prove che il giudice deve fare per giungere alla colpevolezza. La formula del “ragionevole dubbio” ci indica lo strumento del metodo legale di valutazione delle prove: il dubbio. La dialettica del dubbio come strumento di valutazione delle prove e delle ipotesi sul fatto. Il criterio del ragionevole dubbio si salda così alla presunzione di innocenza: le prove dell’accusa vanno valutate come se l’imputato fosse innocente. Il metodo è quello di dubitare delle prove dell’accusa cercando di falsificarle. In altri termini, di fronte alle prove e alle spiegazioni dell’accusa dobbiamo chiederci: se partiamo dall’dea che l’imputato sia innocente, come si spiegano queste prove ?.

            Una epistemologia verificazionista si limita a cercare la coerenza logica dell’ipotesi accusatoria e la sua compatibilità con i fatti.

            Una epistemologia falsificazionista sottopone l’ipotesi accusatoria a sistematici tentativi di confutazione: e lo strumento della confutazione è, appunto, il dubbio.

            Questo dubbio può essere di due tipi: interno o esterno all’ipotesi accusatoria.

            Il dubbio interno è quello che rileva l’autocontraddittorietà dell’ipotese (l’ipotesi è incoerente) o la sua incapacità esplicativa (l’ipotesi dell’accusa spiega solo alcuni fatti, non tutti i fatti necessari per un giudizio di colpevolezza).

            Il dubbio esterno è quello che contrappone all’ipotesi dell’accusa, un’ipotesi alternativa, che abbia non il carattere delle mera possibilità logica (la congetturalità dell’ipotesi), ma il carattere della razionalità pratica (la plausibilità empirica: “è possibile che le cose siano andate così”).

            Nel processo penale non c’è il diritto al dubbio; c’è di più: c’è il dovere del dubbio !

            Questi semplici principi conducono ad un giusto processo.”””

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *